Facciamo il punto su questa situazione, grazie a un articolo di Valeria Rossi per “Ti presento il cane”.

L’aver scritto ieri un articolo sul servizio di Striscia che condannava i mezzi del sedicente “sussurratore” messicano ha riportato in auge le solite, vecchie diatribe sul collare elettrico.  No, non è elettrico, è “elettronico” (cosa cambia? Produce sempre scosse  elettriche: che le produca direttamente, o dopo un percorso di elaborazione attraverso altri componenti – perché questa è la sola differenza tra elettrico ed elettronico – il risultato è sempre identico); non dà scosse, dà “vibrazioni” (vero: ogni collare elettrico/elettronico del mondo può essere regolato in modo da dare solo una vibrazione, oppure una scossa dolorosa. Purtroppo Millan, nel video riprodotto anche da Striscia, ha utilizzato l’opzione b) senza alcuna possibilità di equivoco), ma soprattutto: “in Italia è vietato”, “no, non è vietato”.
Qual è la verità?
In realtà la verità – come spesso succede – sta nel mezzo.
La verità è che l’ordinanza Storace, che effettivamente vietava l’utilizzo (ma non la vendita, curiosamente…) dei collari elettrici è stata fatta oggetto di un ricorso al TAR da parte delle ditte produttici, che purtroppo il ricorso l’hanno vinto.
Quindi l’ordinanza (GU n. 158 del 9-7-2005) – che comunque sarebbe rimasta in vigore per un solo anno e che avrebbe dovuto essere ripetuta l’anno successivo – è stata abrogata dal TAR del Lazio (tra l’altro l’ordinanza parlava di  “collare elettrico e di altro analogo strumento, che provoca effetti di dolore sui cani“: quindi, fosse stato anche “elettronico”,  sarebbe stato vietatissimo pure lui).

Cosa rimane, allora, in mano a chi condanna senza mezzi termini l’utilizzo di questo strumento?
Rimangono alcune leggi regionali (purtroppo poche) che effettivamente ne vietano l’uso.
E rimane, ovviamente, la legge contro i maltrattamenti: tant’è che c’è già un precedente importante.
La  Cassazione, con la sentenza numero 15061 terza sezione penale, ha condannato proprio per maltrattamenti una donna che era stata denunciata per aver usato sul proprio cane  un collare elettrico “antiabbaio”.
La sentenza dice proprio che l’uso di tale collare “rientra nella previsione del Codice penale che vieta il maltrattamento degli animali“. La Corte ha precisato che “l’uso dei collari elettrici costituisce incrudelimento senza necessità nei confronti di animali, suscettibile di dare luogo quanto meno al reato di cui all’articolo 727 Cp: “ogni comportamento produttivo nell’animale di sofferenze che non trovino giustificazione nell’insuperabile esigenza di tutela non altrimenti realizzabile di valori giuridicamente apprezzabili“.

Ma allora è vietato usarli, questi collari, oppure no?
Non è affatto chiaro (ad eccezione delle regioni in cui esistono normative specifiche).
O meglio: è chiarissimo che è vietato “causare sofferenza” agli animali (ma questo era già vietato prima dell’ordinanza Storace), ma per ottenere che qualcuno venga condannato per l’utilizzo del collare bisogna provare che ha causato questa sofferenza, mentre se fosse rimasta in vigore l’ordinanza sarebbe bastato dimostrare che il collare era stato “usato”, punto.
La differenza sembra sottile, ma non lo è… perché trovare le prove certe del reato diventa difficilissimo.
Pensate ad una persona che voglia accusare il signor X di maltrattamento: con l’ordinanza in vigore gli sarebbe bastato scattare una foto in cui il cane del signor X indossava il collare elettrico, e la cosa sarebbe finita lì.
Adesso deve fare quantomeno un filmato (e già diventa un po’ meno agevole), nel quale si sentano i guaiti del cane sottoposto a una scossa dolorosa: ma questi si sentono solo se l’utilizzatore è un vero macellaio (come appunto nel caso di Millan, o in quello mostrato anni fa sempre da Striscia la notizia): il “normale” utilizzo che si fa del collare elettrico è quello di sottoporre il cane ad impulsi di lieve entità, che di solito non causano neppure un “cain”.
Ciò non significa che non facciano danni al cane, sia perché sono noti i danni causati da continue esposizioni alla corrente elettrica (ne avevamo già parlato in questo articolo), sia per il solo fatto che il cane viene costantemente “costretto” a lavorare e non certo invogliato positivamente, il che rientra a pieno titolo nel concetto di “maltrattamento psicologico”… ma come lo dimostri?
Quale giudice al mondo si sognerà di condannare il proprietario o il conduttore di un cane che lavora con l’aria allegra, scodinzolando (perché i cani di tempra forte non si lasciano certamente “schiacciare” da qualche scossetta: anzi, ne vengono stimolati! Poi magari, dopo un paio d’anni, sono da buttar via… ma lì per lì si ottengono risultati strepitosi!), solo perché indossa uno strumento di cui NON è vietato l’uso?
Ovviamente, nessuno.
Ma anche nel caso in cui si riuscisse a riprendere un cane che fa CAIN… il conduttore potrebbe sempre dire che proprio in quel momento gli ha pestato una zampa per errore, o trovare altre scuse simili.
Insomma, il solo “maltrattamento” generico è sempre tutto da dimostrare: mentre l’ordinanza, se fosse rimasta in vigore, avrebbe permesso di bloccare sul nascere anche il solo gesto di allacciare il collare al cane. Era comunque un’ordinanza monca, non vietando la vendita di questo strumento (ma in Italia, quand’è che si fa una cosa veramente “per bene”, fino in fondo?)
Quindi si può concludere che NO, il collare elettrico in Italia non è affatto vietato… a meno che non si sia così pirla da far urlare il cane per il dolore proprio mentre qualcuno ci sta riprendendo…e sempre ammesso e non concesso che quel qualcuno poi intenda sporgere formale denuncia.
Sinceramente, a me sembra già un miracolo che esista UNA sentenza della Cassazione a cui aggrapparsi (con le unghie e con i denti) nel caso – altrettanto miracoloso, temo – in cui si riesca a beccare un torturatore di cani proprio nel momento in cui si esprime al massimo della propria stronzaggine.
E questo è quanto. (Fonte: www.tipresentoilcane.com)